La Santa Messa a Usa River

Tanzania 8 – 23 giugno 2017

“Terra Rossa”: Appunti e riflessioni di viaggio a cura di Bruna Danese Piubello

11 giugno 2017

 

Habari za asubuhi! Mzuri! (buongiorno come stai? Bene!). E’ il rituale classico mattutino.

Sento già le chiassose voci dei bambini. È un attimo, con questi bambini, è un attimo. Si crea subito un filo indissolubile. Cercano affetto. Michael s’impadronisce letteralmente di me e la mia maglietta associativa non è più così bianca candida! Sono poi curiosi del crocifisso che portiamo al collo. Ci è stato regalato dal don domenica scorsa in occasione del “mandato missionario”. Il don inoltre, nella sua infinita generosità, ci ha fornito di molteplici gadget per le suore: collanine, rosari, immaginette. Le suore ne vanno matte!Orto Sun of Hope

Ieri sera Marcello mi aveva chiesto notizie dell’orto Slow Food allestito nel Villaggio. L’ambizioso progetto ha lo scopo di far imparare ai bambini come coltivare la terra e magari poi trarre profitto dalle piantagioni, tramite la vendita ad esterni del surplus non utilizzato per scopi interni. Gli ho quindi fatto un reportage fotografico di tutte le coltivazioni: fagiolini, zucchine, cipolle, karkadè, banane, ananas, mango e naturalmente mais, tanto mais!

 

Orto Slow FoodNel frattempo i bambini erano stati tutti agghindati per la S. Messa delle ore 11

Tutti in divisa con maglioncino cremisi (le suore dicono che loro hanno freddo con questa temperatura!) con camicia o vestitino a quadrettini bianchi e rossi. Le bimbe con qualche cerchietto, i bimbi con i calzettoni, proprio carini. La grande Toyota li carica: uno, due, otto, tredici, diciotto, ma quanti ce ne stanno??!!

Noi preferiamo andare alla chiesa a piedi e le Sister ci scortano. In tutto il nostro andare di questi anni in Tanzania non siamo mai stati lasciati soli. Sempre accompagnati, ma a noi sta bene, ci sentiamo protetti e sicuri. Abbiamo così attraversato a piedi il Villaggio di Usa River e, non è stato un bel vedere. Scarichi a ciel sereno, case malconce. Capisco perché i bambini preferiscono stare nella casa famiglia! Sono questi i momenti nei quali mi sento più impotente, mi guardo intorno e non trovo mezzo modo di venirne fuori, di abbattere questo muro di miseria che non ne vuol sapere di crollare. Sono però anche i momenti nei quali trovo la forza di mettere in pratica ciò che Baden Powell mi ha insegnato: “guardare oltre le nuvole più nere, dove splende un bel sole” e penso che l’arcobaleno di Voci e Volti sia la strada giusta per riaccendere la fiaccola della speranza.

La chiesa è addobbata con bandierine bianche e gialle come se dovesse arrivare il papa. Le Sante Messe precedenti si sono dilungate come al solito e quindi stiamo fuori ad aspettare socializzando con qualche mamma con il suo bambino tenuto nel marsupio.

 

bambini alla s. messa E’ comunque sempre arricchente stare in mezzo alla gente

Noi wazungu (uomini bianchi). Ci incuriosisce sempre e comunque pensare come loro ci vedono e ci osservano. Ricordo a Mgolole, durante una festa di saluto, i due autisti delle suore avevano improvvisato una scenetta imitando Silvano e Vittorio che giravano per il villaggio preoccupandosi sul perchè i bambini non andavano a scuola. Per mancanza di soldi, era la risposta. Banking, banking gridava l’attore che imitava Silvano e subito la scuola e le divise per frequentarla erano pronte!

E’ forse questo il concetto che loro hanno di noi? Mah. Sicuramente, a volte, ci vedono anche come dei polli e dobbiamo porre molta attenzione nei vari rapporti. La storia ce lo ha insegnato: progetti richiesti, pensati, ben progettati e, soprattutto, verificati. Mai far pensare che è tutto facile, anzi far capire le difficoltà che incontriamo nella raccolta fondi ed il rispetto massimo che poniamo nei confronti dei nostri amici donatori.

La S. Messa dei bambini inizia con 50 minuti di ritardo, African style. I bambini sono schierati nei primi banchi, un coro di ragazzini canta con ritmi coinvolgenti inneggiando a Dio. Tutti sono vestiti come vestivamo noi negli anni 50/60 con il “vestito delle feste” e tutte le volte mi chiedo dove cavolo tengono le cose così bene in quelle minuscole e minimaliste case! I bimbi vengono interrogati durante l’omelia e rispondono come fossero nella curva sud dell’Hellas. Qualcuno si assopisce pure.

 

Tutto è emozionante e coinvolgente come ce lo ricordavamo

Ci lanciamo sguardi e dentro di noi ci chiediamo perché le nostre S. Messe, invece, sono tristi e sembrano sempre dei funerali.

Durante la S. Messa si sentiva anche il muezzin, inquietante? Direi di no! In questo caso solo convivenza pacifica. Di questi tempi fa bene capitare nel bel mezzo di questo “miscuglio di religioni” e collego tutto ciò a don Tonino Bello quando, a Saraievo, disse: “Attecchirà davvero la semente della nonviolenza? Sarà davvero questa la strategia di domani?”. Ci voglio credere, fosse altro perché, guardandomi intorno, sento dentro di me la pace nel cuore!

“Quando penso che sia finita, è proprio allora che comincia la partita…” canta Venditti. E quando noi pensiamo sia finita, veniamo chiamati tutti e cinque da un catechista che c’invita davanti all’altare per presentarci alla comunità e spiega che “siamo quelli che stanno aiutando le suore a costruire il Villaggio Sole di Speranza” e ci incita a dire due parole. Nadia è stata bravissima! Ite missa est! Alle 13,40..

Torniamo con la macchina caricando anche più della metà dei bambini, che con noi scherzano, ridono, come ci conoscessero da sempre.. Michael, Gloria, Rehema. Gloria ripete frasi in italiano e vuol cantare “man morta” con Silvano! Li guardo e sorrido, penso ai nostri nipotini, Pietro e Francesco ed ai loro capricci con il cibo, a tutto il superfluo che hanno. Ma loro sono figli del loro tempo, nel loro territorio; non posso disapprovarli, ma, magari, pensare di raccontargli quello che ho visto, al nostro ritorno, cercando di far capire loro che il nostro mondo è mal diviso…mah.

Nel pomeriggio ci siamo fatti accompagnare da Moses nella sua nuova e bella casa, un po’ kitch per i nostri gusti ma “ricca” per loro. Un drink, quattro chiacchere e poi al mercato del legno ad Arusha per l’acquisto, contrattando all’inverosimile, di qualche ciotola.

Al rientro al Villaggio, ancora scompiglio alla casa famiglia con i chupa chupa. Bastoncini e cartine appiccicose vengono poi lanciati in aria per giocare, qualche furbetto si rimette in fila per accaparrarsi un altro dolcetto, noi lo sgamiamo al volo ma facciamo finta di niente; le suore ci guardano, magari non sono molto d’accordo, ma ci sopportano. I bambini sono felici, che altro conta?